storia della fotografia

Richard Avedon – La moda e la fotografia

In questo articolo parleremo di un gigante tra i giganti della fotografia. Uno che se non lo conoscete, non potrete mai fingere di essere fotografi: in genere, in ogni tavola di fotografi si parla almeno di qualche sua foto: Richard Avedon. 

 

Potremmo iniziare con quando è nato (15 Maggio del 1923 a New York), potremmo parlare della sua giovinezza e di come la sua vita abbia, di fatto, influenzato il suo stile fotografico (i suoi genitori erano commercianti di abiti al dettaglio e, in special modo, la madre lo incoraggia a coltivare l’amore per la moda). Potremmo dire di quando, all’età di 12 anni, comincia a cimentarsi con la fotografia, usando la macchina fotografica di famiglia e la sorella minore, purtroppo affetta da schizzofrenia, come sua prima modella. Potremmo anche dire che dopo solo un’anno di università , lascia gli studi per dedicarsi completamente alla fotografia (immaginate come deve essere andata: “Pa’, mollo l’università per fare il fotografo!” che è un po’ come dire: “Papà, mi iscrivo alla facoltà di influencer”. Sappiamo, comunque, che il padre non l’ha ucciso, poichè morirà solo nel 2004).

 

Potremmo dire tante cose, ma c’è wikipedia che lo scrive meglio e poi non sono queste le cose di cui si discute nelle serate fotografiche. Si discute delle sue opere e dell’influenza che hanno lasciato nel mondo della fotografia. 

 

Andremo a vedere alcune delle sue fotografie per noi più rappresentative, ma per capire la grandezza di Avedon, cerchiamo di immaginarci lì con lui quando le ha scattate. 

Prima di continuare, dobbiamo fare una fortissima premessa: molto di quello che scriveremo di seguito non è vero ( o almeno credo) ma frutto della nostra fantasia. Usiamo l’immaginazione per creare una storia che vi rimanga impressa, ma non la riportate alla cena di amici, altrimenti scoprono subito che siete dei cialtroni fotografici! Per facilitarvi il compito, tutte le parti “romanzate”, saranno scritte in corsivo 

La prima foto che andiamo a vedere, è quella che forse ha cominciato a dettare la nuova direzione delle fotografia di moda

 

‘Dovima con gli Elefanti’ del 1955 . 

 

L’abito che indossa la modella Dovima è il primo abito che Yves Saint Laurent farà per Dior, quindi immaginate la genesi di questa foto.

Ufficio di Avedon a Parigi, si discute delle nuove foto da fare per Dior:

Stilyst: Ragà, avete visto il nuovo vestito di Dior? Spacca di brutto. L’ha disegnato un pischello , un certo Yves Saint qualche cosa…
Avedon: Say no more. Ce l’ho: mettiamo Dovima in mezzo a tanti fanti, così da risultare la principesa moderna con la sua corte. Chiamate Bob per farci mandare 3 ragazzi vestiti da fanti.

Il giorno dopo, sul set ci si ritrova Dovima vestita di tutto punto, e 3 elefanti.
Avedon: ma che c***o è sta roba?????Ndo stanno i fanti che avevo chiesto????
Stagista di turno: come fanti? Io avevo capito Ele-fanti…
Avedon: …tacci tua! Va bè oh, dobbiamo portà a casa la pagnotta. Metti la modella davanti ai pachidermi! Elefante mi hai provocato e mo te destruggo!!!

Ora, non garantiamo che sia andata proprio così, ma ci piace pensare che sia questa la versione. In realtà, considerando il genio e anche lo stile di Avedon, siamo abbastanza sicuri che la presenza di elefanti fosse voluta dall’autore.
Torniamo però sul set. Siamo sempre nel 1955, immaginate il casino (e la puzza terribile) sul set. Ricordiamoci anche che la macchina con cui scattava aveva tempi lentissimi, nell’ordine del 1/8 di secondo. Nonostante tutto, esce questa foto! Che nonostante abbia oltre settant’anni, potrebbe essere tranquillamente la copertina di un qualsiasi magazine di moda. Potremmo dire che questo è il papà di tutti gli editoriali di moda.

Ora analizziamo la seconda foto che,  ammetto, è una delle nostre fotografie preferite in assoluto: il ritratto di Marylin Monroe.

Siamo nel 1957, nello studio a New York di Avedon, da qui passeranno le più grandi celebrità e quindi come poteva non mancare LA diva? 
Per questa foto, non creeremo noi la storia, ma la lasceremo direttamente raccontare dal fotografo.
Per ore aveva ballato e cantato e flirtato, aveva fatto.. aveva fatto Marilyn Monroe! E poi ci fu l’inevitabile crollo. E quando la notte fu finita, il vino bianco fu finito e anche le danze finirono, lei si sedette in un angolo come una bambina, e tutto svanì.”

In quegli anni , di Marilyn Monroe si conosce solo il volto pubblico di superstar, una donna di eccezionale bellezza e dal carattere solare. Nel 1962 morirà per un’overdose di barbiturici e solo allora si scoprirà la fragilità della donna dietro la maschera. Ecco, Richard Avedon è riuscito a cogliere questo con quasi 5 anni di anticipo rispetto al resto del mondo. L’opera si chiama  ‘Marilyn Monroe, actress, New York’  ma forse sarebbe più giusto chiamarla ‘Norma Jeane Mortenson Baker Monroe, actress, New York’.

Passiamo ora all’ultima foto, anzi per la precisione, del progetto a cui esso appartiene: ‘In the American West’ 

Siamo nell’America del 1978, Grease arriva nelle sale cinematografiche e la bandiera arcobaleno sventola per la prima volta come simbolo in una marcia del movimento LGBT al gay pride di San Francisco. Il direttore del museo di Fort Worth , in Texas, dopo aver visto una foto di Avedon, lo contatta per commisionargli delle foto con dei soggetti molto diversi dai quali lui era abituato a fotografare (ricordatevi che per il suo studio sono passati presidenti, star del cinema e anche gli artisti della Factory, compreso lo stesso Andy Wharol, di cui farà una foto eccezionale): gli americani dell’ Ovest. Avedon accetta e da qualche foto, il progetto diventerà enorme: ci metterà 5 anni a completarlo. Va in giro per tutto il West America, con un furgoncino pieno di attrezzature e visiterà i posti più assurdi: prigioni, manicomi, rodei, mattatoi ecc…. 
Solo per farvi capire l’imponenza di questo progetto (prendo dati da Wikipedia): Avedon scatterà circa 792 soggetti, consumerà circa 17.000 fogli di pellicoa kodak e passerà 9 mesi in camera oscura e verranno consumati circa 6.300 mq di fogli per stampa che, siccome siamo italiani e la nostra unità di misura è il campo di calcio, equivalgono a poco meno di un’intero campo di calcio!

Detto questo, l’idea di Avedon per il progetto è semplice: una volta trovato il soggetto, fa montare un telo bianco dai suoi assistenti, e lo posiziona dietro al soggetto. Questo fa sì che il soggetto venga strappato dal contesto in cui avviene lo scatto e tocca all’osservatore riempire quel vuoto. Noi scegliamo, in particolare, la foto di questo ragazzo poichè, sempre a nostro parere, è forse una delle più rappresentative.

Anche qui, ricostruiamo la genesi della foto: i nostri erori sono in viaggio su una di quelle classiche strade americane che non curvano mai, in Colorado. Come ogni viaggio si ascolta musica e si chiacchiera:

Assistente 1 (A1): Oh, figa la Olivia in Grease, vero?
Assistente 2 (A2): Bah, io sono team Rizzo, mi spiace…
Avedon: Ragà, solo io ho notato che il film è ambientato in un liceo ma gli attori hanno quasi 40 anni???? Comunque, ci fermiamo al prossimo autogrill? Devo sgranchirmi le gambe…

Una volta fermi, scendono e A1 va nel classico locale dove, appena ti siedi, ti versano un lavaggio di bevanda scura che gli americani etichettano come ‘caffè’. La cameriera aggiunge che oltre al cibo sul menù hanno anche la specialtà del giorno: cobra ripieno.
A1: in che senso cobra ripieno?
Cameriera: Sì, è una specialità del cuoco, prende la pelle di un cobra e lo farcisce di hamburger. Guardi il cobra è freschissimo , lo spella mio figlio qui dietro. Vuole vedere?

5 minuti dopo nei pressi del pulmino:
A1: Capo, non sai cosa ho visto dietro al ristorante!

Questa storia potrebbe non essere del tutto attendibile, ma ce la facciamo piacere. Ora concentriamoci sullo scatto: la faccia del ragazzo, che per molti versi ricorda la faccia di Lucifero nel quadro di Alexandre Cabanel del 1868. L’espressione, abbastanza severa, spicca particolarmente sulla faccia del ragazzo. Molti critici (cioè quelli che devono per forza trovare un significato più profondo nelle cose) paragoneranno questo giovane ad Adamo e al serpente. Ovviamente, la realtà è diversa perchè lo stesso Avedon dirà che ha incontrato il ragazzo per pura fortuna.

Vi diciamo subito che la mostra non sarà accolta bene: è vero che volevano uno spaccato realista, se vogliamo crudo,  dell’America del West, ma speravano anche che Avedon aggiungesse una nota di romanticismo ed eroicità riconducibili al sogno americano. Ma nulla di tutto ciò uscirà da questo progetto.

Speriamo, con questo articolo, di aver solleticato la vostra curiosità su Richard Avedon e di avervi dato qualche spunto di conversazione durante un aperitivo fotografico.

Vogliamo salutarvi con una sua massima (e magari base per un tatuaggio):

‘Tutte le fotografie sono accurate. Nessuna di esse è la verità’

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