Interview

Dario De Andrea

Dario De Andrea. Foto di Dalila De Luca

Dopo tre corsi di fotografia presso Bottega Immagine con sede in Milano (base, intermedio e avanzato), ha preso parte ad alcuni workshop con diversi fotografi, tra cui Efrem Raimondi (Milano, marzo 2016), Letizia Battaglia (Milazzo, agosto 2019) e Cristina Núñez (Chiasso, settembre 2020).

Da quattro anni fa parte del collettivo “Fotografia in cortile”, progetto creato insieme a compagni di corsi e workshop e che conta al suo attivo già due mostre tematiche (“Assenza e presenza” – 2018; “Libertà” – 2019).

Nel 2019 ha esposto la sua prima mostra personale nell’ambito del circuito off del Festival della Fotografia Etica di Lodi, con il lavoro “L’ultimo dei custodi”, ospitato presso il Panificio lodigiano. Lo stesso lavoro sarà esposto a maggio 2021 nell’ambito del circuito off del Festival della Fotografia di Lucca.

Dario, come e quando è nata la tua passione per la fotografia?

Da ragazzo mi piaceva scattare semplicemente per l’idea di fissare in un’immagine la memoria di un posto, di un momento o di un volto. Quando però è sorta l’esigenza di creare una corrispondenza visiva tra ciò che avrei voluto immortalare e la resa finale nella fotografia, ho deciso di iscrivermi a un corso base di fotografia, seguito da altri due e alcuni workshop, che, tra le altre cose, mi hanno anche abituato a lavorare in termini di “concept” e non solo più, quindi, di foto singole.

Hai un genere fotografico preferito?

Personalmente no, nel senso che mi piace fotografare tutto ciò che colpisce la mia attenzione, dal paesaggio al singolo dettaglio. Pensando, invece, ai grandi fotografi, generalmente la mia preferenza va ai lavori di “indagine”, che si tratti di reportage (tra i contemporanei, il mio riferimento è Paolo Pellegrin) o di storytelling, come ad esempio le opere di Letizia Battaglia sulla “sua” Palermo.

Qual è la tua foto di cui sei più orgoglioso?

Una foto in bianco e nero che ho fatto a mia figlia durante un saggio di nuoto sincronizzato insieme a due sue compagne di squadra. Sono molto legato a questa foto, oltre che per motivi affettivi, anche per il fatto che, pur essendo una foto tecnicamente “sbagliata” sotto tanti punti di vista (fuoco, inquadratura, taglio), ha comunque una propria forza espressiva. Nel tempo questo scatto spesso è servito a ricordarmi che, rompendo gli schemi e “trasgredendo” le regole della composizione classica, si possono ottenere risultati inattesi (anche se gli insuccessi sono sempre in netta maggioranza…).

C’è stato un fotografo in particolare che ha influenzato il tuo stile?

No, perché al momento preferisco “assorbire” stili diversi. Amo molto i lavori dei fotografi Magnum in genere (a partire da Eliott Erwitt) e, tra i contemporanei, Letizia Battaglia e Paolo Pellegrin. Pur non nutrendo una grande passione per il genere “fashion”, non posso non provare profonda ammirazione per i lavori di Peter Lindbergh (che peraltro non si è limitato al settore della moda). Menzione a parte, ovviamente, per Vivian Maier. E tra gli emergenti mi piacciono molto i lavori di Jošt Franko e Alain Laboile.

In base alla tua esperienza, cosa consiglieresti di fare a chi ha deciso di avvicinarsi alla fotografia?

Si deve sempre tenere a mente che la fotografia fa parte delle arti visive; e, in questo senso, ogni scatto è il frutto di un processo creativo che è assolutamente unico perché rispecchia le peculiarità di chi lo mette in atto (per Vittore Buzzi fotografare equivale a esprimere un “grado di giudizio” personale sulla realtà). Non nego che sia necessario acquisire le basi della tecnica; ma è altrettanto indispensabile iniziare fin da subito a scattare con passione e continuità, in una sorta di full immersion utile non solo a perfezionare la conoscenza, ma anche a maturare una propria visione della realtà e ad alimentare di continuo la propria creatività. Non meno indispensabile è visitare quante più mostre possibili, vedere film che parlino di fotografia o che rappresentino comunque un esercizio di stile (ad esempio i film di Wes Anderson) e osservare i lavori dei grandi maestri sui cataloghi o sulla rete.

Dove possiamo vedere il tuo lavoro?

Attualmente non ho un sito personale, per cui gli unici spazi dove è possibile vedere una selezione delle mie foto sono i miei profili Instagram (@darioseventy) e di Facebook:

https://www.instagram.com/darioseventy

https://www.facebook.com/dario.deandrea

Di seguito, una selezione dal suo portfolio

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